Gaia, Emma e Marianna: la storia di tre donne con malattia rara pienamente realizzate

Il Medea presenta tre progetti di riabilitazione e ricerca scientifica. Protagoniste tre giovani donne, le Associazioni di pazienti e le équipe cliniche e di ricerca.

In occasione della Giornata Mondiale dedicata alle Malattie Rare, l’IRCCS Eugenio Medea – La Nostra Famiglia presenta tre progetti di riabilitazione e ricerca scientifica sulla distrofia dei cingoli, sull’atassia di Friedreich e sulle paraparesi spastiche ereditarie. Protagoniste tre giovani donne, le Associazioni di pazienti e le équipe cliniche e di ricerca del Medea.

“Occorre creare un percorso in cui la famiglia sia presa in carico dal momento della diagnosi al momento del passaggio al territorio e le storie di Gaia, Emma e Marianna sono un esempio virtuoso di questo percorso”, osserva Maria Grazia D’Angelo, Responsabile dell’Unità di Riabilitazione specialistica Malattie Rare del Medea. “E’ necessaria una comunicazione costante e continua tra tutte le figure che intervengono nella vita del bambino o della persona con malattia rara. Quindi non solo i medici, gli infermieri, i biologi molecolari e i genetisti al momento della diagnosi, ma anche tutte le figure che accompagnano il paziente, come i terapisti e gli educatori, senza dimenticare la scuola e gli insegnanti. E’ un processo molto complesso che a livello teorico sembra essere stato definito dal nuovo Piano Nazionale dedicato alle malattie rare ma che ancora stenta ad attuarsi in maniera lineare e completa. La malattia rara ti costringe a rivedere sogni e aspettative, non ad eliminarli”.

Distrofia dei cingoli - Gaia, ricercatrice in matematica a Parigi

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Se dovessi trovare due parole chiave per questo progetto direi: costanza e flessibilità”: il progetto in questione è la sperimentazione pilota “La riabilitazione delle distrofie muscolari dalla struttura riabilitativa al domicilio” condotta dall’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini e chi parla è Gaia Pozzoli, giovane ricercatrice in matematica presso l’università CY Cergy di Parigi, affetta da distrofia muscolare.

Il progetto coinvolge in particolare pazienti con distrofia dei cingoli e prevede l’utilizzo di un sistema di teleriabilitazione che permette di eseguire esercizi personalizzati a casa propria, monitorati a distanza dal terapista: “nel concreto si tratta di una valigetta contenente un tablet e dei sensori che, indossati, permettono di tracciare il movimento del paziente durante l’esercizio e restituire feedback visivi e sonori, che consentono di avere un controllo del movimento e di verificare la correttezza degli esercizi”, spiega Eleonora Diella, fisioterapista e ricercatrice del Medea.

“I pazienti con distrofia dei cingoli hanno difficoltà motorie ad alzare le braccia, sollevare pesi, fare le scale, alzarsi da terra e correre: la riabilitazione rappresenta per loro il modo migliore per mantenere il tono muscolare e il tenore calcico delle ossa”, precisa la dottoressa D'Angelo.

Purtroppo però non sempre è possibile fare fisioterapia vicino al territorio di residenza. La riabilitazione a domicilio rappresenta quindi una buona opportunità per la continuità del piano terapeutico. Nel progetto del Medea, questa viene svolta da remoto con giorni e orari a discrezione del paziente e settimanalmente è prevista una seduta in sincrono con il terapista, per verificare la corretta esecuzione delle proposte e per affrontare eventuali criticità. La durata totale del percorso riabilitativo è di 6 mesi e sono previste valutazioni funzionali prima del trattamento, a 3 mesi, per monitorarne l’andamento, e al termine del training.

“La prima parola chiave del progetto è costanza, perché anche quando non si ha la seduta di fisioterapia in ospedale c’è la possibilità di seguire un programma di mantenimento anche a casa”, osserva Gaia. “La seconda parola è flessibilità, perché a casa si riesce ad inserire la fisioterapia nella quotidianità, senza interferire nella normale attività lavorativa e di vita”.

“I dati presenti in letteratura medico scientifica sull’importanza della fisioterapia nelle patologie neuromuscolari sono scarsi e non esistono protocolli condivisi di trattamenti. Questo studio rappresenta un investimento significativo nel miglioramento della qualità della vita, dell’indipendenza e del benessere dei pazienti”, conclude Bruno Kullman, presidente di AIca3 onlus, Associazione Italiana Calpaina 3 che finanzia il progetto.

Atassia di Friedreich - Emma e la laurea a pieni voti sulla sua malattia

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Mi hanno aiutato dolcemente ad accettare gli ausili, deambulatore e carrozzina, non come limitazioni o gabbie ma come strumenti di autonomia, libertà e indipendenza e grazie a questi sono riuscita a fare l’università lontano da casa”. Emma aveva solo dodici anni quando le fu diagnosticata l’Atassia di Friedreich, una rara malattia neurodegenerativa ereditaria che insorge solitamente in età infantile o adolescenziale. Ha iniziato quindi un percorso riabilitativo presso La Nostra Famiglia di Conegliano e dieci anni dopo si è laureata a pieni voti, con lode, in Scienze e tecnologie biomolecolari all’Università di Trento con una tesi sulla sua stessa malattia. Insieme alla sua famiglia ha fondato l’Associazione Ogni giorno per Emma.

“Il Medea ha fatto dell’Atassia di Friedreich un focus di attenzione clinica e scientifica grazie alla forte partnership con le Associazioni di pazienti”, sottolinea Andrea Martinuzzi, responsabile scientifico del polo Veneto dell’IRCCS Medea.

“L’Atassia di Friedreich ha un impatto devastante sulla qualità della vita dei pazienti con progressiva perdita di autonomia nel cammino e nelle attività di vita quotidiana. Si manifesta con incoordinamento degli arti, instabilità del cammino, alterazioni della sensibilità e del linguaggio, debolezza e talvolta con coinvolgimento della vista e dell’udito”, spiega la fisiatra Gabriella Paparella.

Da diversi anni l’IRCCS Medea propone quindi ai giovani pazienti un percorso riabilitativo multidisciplinare basato sull’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute: il tutto per mantenere il più a lungo possibile le capacità funzionali e quindi migliorare la qualità di vita. “Al Medea utilizziamo sia una riabilitazione tradizionale sia le nuove tecnologie, come il Vimeo per l’arto superiore o la pedana stabilometrica per migliorare la stabilità posturale”, precisa la dottoressa Paparella.

“Qui mi sento veramente bene perché sono accolta a 360° e viene valutato ogni aspetto della mia vita. Ogni trattamento, dalla fisioterapia alla terapia occupazionale, è misurato su di me ed è coerente con quello su cui io voglio puntare”, conclude Emma.

Paraparesi spastica ereditaria - Marianna, giovane addestratrice cinofila

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La mia vita lavorativa e sociale è migliorata moltissimo e posso permettermi di fare le gite in montagna come di lavorare tante ore in piedi senza avere nessun problema”. Marianna ha 31 anni, ama la natura e gli animali, è un’addestratrice cinofila e al suo attivo ha diverse gare di settore. E’ affetta da paraparesi spastica ereditaria, una rara malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose che impartiscono ai muscoli il comando di movimento.

“Ho cominciato a cadere molto spesso nella mia vita normale, anche camminando su piani dritti: ho cercato il motivo per cui io avessi questi episodi di cadute e sono arrivata alla Nostra Famiglia che subito mi ha dato interessanti risposte in quanto in breve tempo siamo riusciti a capire che la mia patologia è la paraparesi spastica”.

Il polo veneto dell’irccs Medea ha dedicato particolare attenzione alla paraparesi spastica ereditaria. Elabora protocolli riabilitativi che comprendano non solo la fisioterapia, spesso potenziata dall’uso di tossina botulinica, ma anche nuove proposte terapeutiche, come per esempio l’elettrostimolazione funzionale. Qui valutazioni e trattamenti specifici vengono effettuati in team multidisciplinare, nell’ottica di una presa in carico complessiva del paziente: vengono quindi presi in esame non solo gli aspetti motori ma anche a quelli cognitivi, psicologici, logopedici, di autonomia e di integrazione sociale.

“Facciamo parte del network europeo TreatHSP, che si concentra sulla valutazione e sul trattamento dei pazienti, e di un network italiano che ha il supporto di Telethon, che mira alla standardizzazione delle valutazioni e all’arricchimento del registro nazionale di pazienti affetti da questa patologia”, spiega la fisiatra Cristina Stefan. “Siamo poi in connessione con le associazioni di patologia, in particolar modo con l’Aivips, Associazione Italiana Vivere la Paraparesi Spastica. E’ una connessione fondamentale per il riferimento dei pazienti e per la distribuzione al pubblico dei risultati della nostra ricerca”.

La ricerca ha visto il Medea in prima linea nello studio delle paraparesi spastiche ereditarie: “siamo partiti da uno studio preclinico di drosophila melanogaster come modello per studiare le malattie del motoneurone”, spiega il dottor Martinuzzi. “Abbiamo creato dei modelli sperimentali che poi si sono tradotti in un’attenzione specifica alla parte diagnostica, clinica e riabilitativa di questi pazienti”.

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Il 2 marzo a Bosisio Parini (Lc) si terrà l’evento Malattie rare: parliamoci”, un confronto tra “malati rari”, famiglie, associazioni di pazienti e referenti sanitari.